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BRESCIA, una scoperta

Ho raggiunto Brescia in treno, in un soleggiato mercoledì di metà luglio. Dalla stazione ho percorso un breve tragitto e mi sono “calata” nella metropolitana: moderna, automatica, poco affollata. Una sola fermata e sono “riemersa” in Piazza Vittoria, abbagliante nel suo chiarore, asettica nelle sue geometrie obbedienti ai canoni di un’architettura rigorosa quale quella del Ventennio. E’ da poco passato mezzogiorno e il via-vai si dirada, lasciandomi girovagare in una città quasi deserta, alla ricerca delle opere di Mimmo Paladino  – Ouverture dislocate in vari siti “aperti” e chiusi. Ammetto di non conoscere molto bene l’artista, ma ognuna delle installazioni scovate ha suscitato in me un riscontro positivo ed ho davvero apprezzato  la coerenza stilistica della dislocazione di molte sculture in contesti inaspettati ma assolutamente appropriati alla originalità delle opere proposte.

Per giungere al Museo di Santa Giulia, meta del mio pomeriggio bresciano, passeggio per le vie del centro, zizzagando in un percorso che mi porta a scoprire scorci suggestivi con antiche case in mattone e piazzette, qualche bottega e poco più.  … e “il più”, anzi, il “DI PIU'”  si scopre giungendo al sito di Santa Giulia, complesso monastico Benedettino dal  fascino incontrastato, che avvolge, stupisce e accompagna tutto il percorso museale, in ambienti spettacolari, in cui l’arte in tutte le sue forme ed epoche trova mirabile ambientazione,  dai settori archeologici alle Domus dell’Ortaglia, alla Chiesa di Santa Maria in Solario alla Basilica di San Salvatore … fino alla Pinacoteca Martinengo. Senza esagerare è uno dei luoghi d’arte che merita essere visitato per la sua ricchezza artistica in ambientazioni curate e preziose.

Non paga di tanto splendore, anzi, inorgoglita dall’aver potuto ammirare e constatare una volta in più la straordinaria ricchezza di cui l’Italia è custode, sono salita al Monastero dei Missionari Saveriani, gioiello di pittura parietale, con una delicatissima  Ultima Cena del Romanino conservata in un semplicissimo refettorio. Un passaggio in Duomo, o maglio, nei due Duomo di Brescia, attigui nella medesima Piazza Paolo VI, e poi il ritorno a casa, arricchita da tanta Bellezza.

VISIONI dell’ULTIMA CENA

Il Cenacolo vinciano, capolavoro della pittura leonardesca, una delle attrazioni artistiche  italiane più note, dipinto verso la fine del Quattrocento nel Refettorio della Chiesa domenicana di Santa Maria delle Grazie a Milano. Per ammirarne la straordinaria bellezza, il sofisticato e delicatissimo cromatismo a tutt’oggi “vivo” grazie ad eccellenti restauri, i visitatori devono prenotare la propria visita con anticipo, e ammirarne stupefatti lo splendore per quel breve lasso di tempo concesso ad ogni singolo gruppo convenuto. Vidi molti anni fa questo celebrato dipinto parietale, in occasione di una gita scolastica, e come spesso accade agli adolescenti in visita, non conservo un ricordo preciso dell’emozione provata. Eppure sono state diverse, negli anni, le occasioni per  ammirare e riconoscere il capolavoro di Leonardo in diverse dislocazioni e con differenti declinazioni e interpretazioni. Questo tema sacro e simbolico dell’Ultima Cena,  The Last Supper col quale tanti artisti si sono confrontati, narra della cena che Gesù fece in compagnia dei suoi Apostoli ai quali affidò il compito di commemorare “il corpo e il sangue” con il pane ed il vino, consapevole che quella sarebbe stata la sua ultima cena con loro. Nella stessa occasione viene palesata l’ amara constatazione che tra gli amici vi è qualcuno pronto a tradire. E su questo  aspetto del tradimento, del piacere del cibo e del vino, gli spunti per reinterpretare il tema dell’Ultima Cena sono stati colti da grandi artisti, nel passato come nel presente.

Ho dedicato qualche ora alla ricerca, tra i vari scatti archiviati nel pc, di Ultima Cena visionata in occasioni di visite a città o musei, sorprendendomi per le numerose riproduzioni –o reinterpretazioni riscontrate. Spesso inaspettatamente sorpresa da energici impatti emotivi suscitati dalla visione di queste opere, così come dalla semplice e magistrale riproposizione della classica iconografia dell’originale dipinto. Eccone il mio personale excursus.

Leonardo da Vinci, 1494-97 Ultima Cena , Milano, Chiesa Santa Maria delle Grazie

Romanino, Ultima cena , Refettorio Missionari Saveriani, Brescia

Installazione temporanea. Ultima Cena – Chiostro San Zeno, Verona

Mosaico del Raffaelli, 1817 – Ultima Cena , Chiesa dei Minoriti, Vienna

Arts&Foods per Expo 2015 – A.Worhol The Last Supper Triennale Milano

 

Roberto Altmann, Ultima cena, Museo Sant’Agostino Genova, Mostra temporanea

VERONA, per gli innamorati del bello

Sono davvero tante, oserei dire quasi tutte, le città italiane che attraggono la mia curiosità, desiderosa di  conoscerle dal vivo, attraverso i loro luoghi simbolo e quelli più discreti, altrettanto suggestivi. Tre giorni veronesi, a spasso per il centro brulicante di turisti, assiepati ai tanti tavolini dei caffè e ristoranti di Piazza Bra, grandiosa ed evocativa, oppure nella vie del centro -per me, milanese, quasi “ristrette”- animate dallo shopping, che conducono alla elegantissima Piazza delle Erbe, in cui i Palazzi storici mantengono alla città un fascino d’antan.

Percorrere Verona a piedi è piacevolissimo, passando dai cortili di Palazzo del Mercato Vecchio, in cui ha sede il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Palazzo Forti (visitato per ammirare una delle opere di Fattori che più, a mio avviso, lo rappresenta: Grandi Manovre), fino a giungere a Piazza Sant’Anastasia, in cui la omonima Chiesa gotica ha preziosi interni. Quello che a me ha stupito delle chiese veronesi sono i soffitti: quello di San’Anastasia ha una luminosità e gioiosità data dal particolare decoro delle volte e costoloni, mentre quello della Chiesa di San Fermo Maggiore, nei pressi del Ponte delle Navi sul fiume Adige, produce un tale stupore nell’osservarlo, dovuto al suo articolarsi in lavorazioni lignee artigianali per realizzare la forma a  carena rovesciata che sbalordisce per la dovizia di lavorazione.

Oltrepassato il fiume, addentrandosi nelle vie meno trafficate, si giunge ad un gioiello botanico: il Giardino Giusti, con la perfetta dimostrazione di Art Topiaria nel  disegno del  labirinto ortogonale e nelle siepi di bosso elegantemente forgiate. Un incalzante filare di cipressi conduce alla Grotta del mascherone.

Dall’alto la vista della città è una vera cartolina: il Museo Archeologico al Teatro Romano gode di questa peculiarità, con la possibilità di ammirare reperti antichi in una cornice davvero suggestiva, l’ex convento quattrocentesco dei Gesuati, appena sopra il Teatro Romano.

Merita una visita il possente  Museo di Castelvecchio, tristemente noto per il furto di alcune importanti opere poi recuperate, il cui allestimento a vari livelli, ed una piacevole camminata selle mura merlate, rendono ancora più piacevole il percorso espositivo.  Seguendo la Regaste San Zeno, una passeggiata lungo il fiume con rigogliosi cespugli di rose a profumare il percorso, si giunge alla Basilica di San Zeno, capolavoro di architettura romanica che lascia estasiati per la sua imponenza e sacralità.